AUTORE: Debora C. Tepes
EDITORE: Self- Publishing
PUBBLICAZIONE: 14 maggio 2020
GENERE: New Adult
Houston, Texas. Stafford High School.
Max Rivera, giovane promessa
dell’atletica leggera, non ha mai sopportato Brandon Walker, il
quarterback più affascinante della scuola, e avrebbe volentieri
continuato a ignorarlo se non fosse che sua cugina Sofia, con la quale
condivide gran parte della sua vita, ha deciso di fidanzarsi proprio con
lui.
Max conosce i tipi come Walker e sa perfettamente che farà
soffrire Sofia, rovinandole proprio l’ultimo anno di liceo, quello che
per tutti dovrebbe essere memorabile.
Così, con l’aiuto del suo
migliore amico Brett, decide di ordire una strategia per allontanare una
volta per tutte Brandon e Sofia. La vita, però, sembra avere un piano
tutto suo col quale Max dovrà scendere a patti...
Brandon Walker è
tra i ragazzi più desiderati della scuola, ma ha un lato oscuro che non
tutti sono in grado di intuire. Max, però, non è come gli altri.
Lei
ha provato sulla sua pelle il calore bruciante dell’oscurità che si
addensa nell’animo di Brandon, ed è per questo che non riesce a provare
altro che odio e rancore, nei suoi confronti.
Tra durissimi
allenamenti sotto il sole cocente del Texas e sguardi di fuoco lanciati
nei corridoi della scuola, Max e Brandon continuano a incrociarsi e a
perdersi, a insultarsi e a ferirsi con tutte le armi a loro
disposizione, finché la vita non li porrà di fronte alla scelta più
dura: perdonare o vendicarsi.
Lasciarsi andare alle spire travolgenti
della passione o lottare con tutte le proprie forze per continuare a
nascondersi dietro lo scudo dell’odio.
Non odiatemi ragazze ma a me sinceramente questo romanzo non
mi ha fatto impazzire.
Inizialmente si è presentato molto bene, ha dato
l’impressione di avere grande potenziale, poi però, tutti i buoni propositi
sono andati a farsi benedire e la storia si è trasformata nella banalità più
assoluta, per non parlare della narrazione, molto infantile.
Quando ho letto che bullizzare Max, per Brandon, era il solo
modo per avere un qualche tipo di contatto con lei, mi sono cadute le braccia.
Che siamo all'asilo?
Ad un certo punto poi la storia è stata talmente smielata
che mi si è cariato un dente.
Ok la dolcezza e il romanticismo, però c’è un limite a
tutto.
Se avevo ancora 15 anni sarebbe stato perfetto, ma avendone
il doppio, no.
Max è la contraddizione fatta in persona, dice di voler bene
a sua cugina come una sorella, eppure, non si fa scrupoli a frequentare Brandon
alle sue spalle, ipocrita.
Brandon è il classico belloccio della situazione, con zero
sostanza.
Si crede dio in terra, non ha rispetto per nessuno, basta
solo leggere di come tratta la cugina di Max, Sofia.
Insomma, davvero pessimo.
È sempre brutto dare voti negativi, ma non sono riuscita a
trovare quella scintilla da palpitazioni.
Brandon Walker, il ragazzo tutto d’un pezzo che non perde
mai la calma.
Il Quarterback fenomenale, la nuova promessa del football
del Texas.
Il cinico e indistruttibile Walker sta dando di matto.
Lo vedo prendere a cazzotti un tipo che l’ha urtato per
sbaglio, urlando a squarciagola.
Gli invitati iniziano a delirare, c’è chi incita alla rissa
e chi scappa impaurito in giardino.
Il padrone di casa insieme a Jerome cerca di placare la
situazione, afferrando Brandon per le spalle, ma lui sembra non voler mollare
la presa.
Il tizio che sta picchiando è steso sul pavimento, il volto
ammaccato dai pugni è una maschera di sangue.
Walker si accanisce contro quel povero malcapitato,
gratuitamente.
Un brivido ghiacciato mi percorre la schiena, e resto
immobile a guardare Brandon come distrugge il prossimo.
O come vuole distruggere se stesso.
«La festa è finita, cazzo! Sparite tutti» urla Andre,
continuando a separare l’amico dal tizio ormai ferito.
Corro verso Brandon istintivamente, fregandomene degli altri
e di tutto il resto.
Solo una volta l’ho visto in questo stato.
Quando litigò con quello stronzo del padre a causa mia.
Era distrutto, arrabbiato, si trasformò in un animale,
proprio come adesso.
«Brandon, smettila! Così lo ucciderai!» grido, richiamando
la sua attenzione.
Non appena ascolta la mia voce, dirotta il suo sguardo nei
miei occhi allarmati.
I suoi sono attraversati dall'ira, dallo strazio, dalla
delusione.
Il ghigno sul suo viso mi fa paura, ma non voglio che faccia
del male agli altri.
Non voglio che faccia del male a se stesso.
Sono solo una povera stupida, lo so, e mi tormento per
questo.
«Smettila, ti prego» urlo ancora, avvicinandomi.
D’impulso, afferro il suo viso tra le mani, cercando i suoi
occhi.
Lui mi guarda smarrito, ma sembra pian piano calmarsi, e
lascia la presa dal ragazzo che ha malmenato.
Si asciuga la fronte con le mani spaccate a sangue, mentre
un silenzio incombe su di noi.
Jerome alza il tipo da terra, mentre gli invitati vanno via
un po' alla volta.
«Guardami» mormoro, tenendogli il viso tra le mani.
Stupida, stupida, stupida Max.
Lui appoggia una sua mano sulla mia e annuisce.
«Vedo solo te» mormora, affranto.
E poi si accascia su di me, facendomi perdere per un attimo
l’equilibrio.
«Brett, aiutami, non riesco a reggerlo» grido al mio amico.
Brett corre in mio aiuto e afferra Brandon per i fianchi, dandomi una mano a
trasportarlo sul divano.
«Mettiamolo qui» dico.
Lo adagiamo sul divano, mentre lui blatera parole sconnesse
e senza senso.
Andre caccia i restanti invitati da casa sua e Jerome cerca
di far riprendere il tizio che è stato pestato da Brandon.
«Dovete portarlo in ospedale» dico loro.
«Cazzo! Ci metteremo nei guai» esclama Jerome.
«Preferite lasciarlo svenuto e ferito sul pavimento di
casa?» chiedo, alzando il tono di voce.
«Portiamolo al pronto soccorso e diciamo che è stato pestato
da un gruppo di teppisti» interviene Andre.
«Resti tu qui con Brandon?» mi chiede Jerome.
Guardo Brett e faccio cenno di no con la testa.
«No… io devo tornare a casa, vero, Brett?».
Andre sospira, avvicinandosi.
«Ehi, Max. Non farti problemi, resta con lui. Jerome e io
sappiamo tutto, ce l’ha raccontato quando abbiamo litigato quel venerdì sera».
Cazzo!
«Lui vi ha raccontato di noi?» chiedo incredula.
Andre annuisce. «Sì, ci ha detto tutto. Lui ci tiene a te,
seriamente. Resta con lui, almeno fino a quando non torneremo dall'ospedale.
Okay?».
Sospiro. «Okay, non appena tornate andrò via».
«Brett!» urla Jerome. «Vieni con noi».
Brett e io ci scambiamo uno dei nostri sguardi complici.
«Vai, tranquillo. Ti aspetto qui».
I tre ragazzi trasportano il tizio ferito fuori, chiudendo
la porta e lasciandomi da sola con Brandon.
Lo guardo, ha gli occhi socchiusi, l’espressione serena, i
capelli scompigliati che gli ricadono sulla fronte.
E i ricordi tornano, bastardi.
Mi ricordo quando ci accoccolavamo dopo aver fatto l’amore,
io ero la prima a svegliarmi e lo guardavo dormire con il sorriso sulle labbra,
per poi vestirmi velocemente e sgattaiolare via da casa sua.
«Max…» farfuglia, stringendo gli occhi.
«Shh… devo disinfettarti queste».
Mi alzo dal divano e vado in bagno alla ricerca dell’ovatta
e dell’acqua ossigenata.
Una volta trovate, ritorno da lui.
È ancora stravaccato sul divano, la camicia stropicciata e
sbottonata, gli occhi socchiusi.
Mi siedo accanto a lui e afferro la sua mano, tamponando le
nocche sbucciate con l’ovatta intinta nel disinfettante.
«Perché hai combinato questo casino?» gli chiedo con un nodo
in gola.
Apre lentamente gli occhi, le pupille dilatate, e mi guarda
con intensità, facendomi capitolare.
«Per attirare la tua attenzione» mormora, sfiorandomi le
dita con le sue.
Passo a disinfettargli l’altra mano, cercando la forza di
ribattere.
«E per quale motivo vuoi attirare la mia attenzione?».
Si mette a sedere con la schiena contro i cuscini del
divano, afferrandomi le mani. «Perché voglio che tu mi guardi. Non lo fai più,
Max. Non mi guardi da… da quel cazzo di giorno. Mi hai… mi hai cancellato dalla
tua vita. È come se io per te non esistessi più… ma so che in fondo… mi ami
ancora» biascica, senza smettere di fissarmi negli occhi.
Sbatto le palpebre, incredula.
«Tu… tu mi hai lasciata improvvisamente, Brandon. In quel
modo crudele mi hai sbattuta fuori dalla tua cazzo di vita. Cosa… cosa diavolo
pretendevi da me, eh? Che dovessi rincorrerti? Pregarti? Come fanno tutte le
tizie che ti porti a letto? Come fa Sofia? Io non sono come loro».
«Tu non sei come loro. Tu sei unica, Max» mormora, spostando
le mani sui miei fianchi.
«Tu hai voluto che la nostra storia finisse e io mi sono
comportata di conseguenza» chiarifico, provando a restare calma.
Ma lui non vuole arrendersi, lo leggo nei suoi occhi scuri.
Tenendomi stretta per i fianchi, avvicina il suo viso al mio e io resto
immobile, perché sono una stupida.
«Sono stato un bastardo» mormora, tirandomi a sé.
«Non provare a baciarmi, Brandon» sussurro, scrutando
impaziente le sue labbra carnose.
«Non lo farò» dice in un mormorio.
E, avido, piomba sulle mie labbra.
La sua bocca divora la mia bocca, la sua lingua calda si fa
spazio tra le mie labbra per assaggiare la mia.
Ci baciamo in modo famelico, mentre una sua mano mi afferra
per la nuca, tenendomi stretta.
Ci divoriamo, ci esploriamo, ci ricordiamo di noi.
Di ciò che eravamo insieme e di ciò che potremmo essere.
I suoi denti mordono le mie labbra, la mia lingua
s’intreccia alla sua, e con le mani mi tengo alle sue spalle larghe, stringendo
tra le dita la sua camicia.
È un bacio disperato, voluto, malinconico.
È quel bacio che sta riportando tutto alla luce, i momenti
sereni e quelli bui. È il bacio che ha il sapore di noi due insieme.
Mi lascio trasportare, preda dell’alcol, dell’emozione, dei
sentimenti che provavo e che provo ancora per lui.
Perché Brandon Walker ha sempre avuto su di me un forte ascendente,
perché lui non ha mai abbandonato i miei pensieri o i miei desideri. Li avevo
solo messi in un angolo, per evitare di soffrire ancora.
Le mie dita s’insinuano tra i suoi capelli neri e soffici,
le sue mani mi afferrano per la vita, facendomi sedere a cavalcioni su di lui.
Avverto la sua erezione spingere tra le mie gambe e il mio
fulcro pulsare dal piacere di sentirlo contro di me, dopo tutto questo tempo.
Continuiamo a divorarci a vicenda, senza prendere fiato,
soffochiamo i gemiti nelle nostre bocche, mentre le nostre mani sono impazienti
di liberarsi dei vestiti e i nostri corpi sono smaniosi di intrecciarsi.
Dio, cosa mi sta facendo ancora.
Mi sto perdendo in lui, per poi ritrovare la via.
Perché lui è casa.
È tutto ciò che desideravo e che avevo, è tutto ciò che ho
perso e che vorrei di nuovo per continuare a vivere.
In questo istante non m’importa di niente.
Delle promesse a me stessa e alla Coach, della gara,
dell’allenamento, di Sofia.
La mia testa, il mio cuore, il mio corpo sono occupati
totalmente da lui.
Per citare un famoso poeta, sono fatta della stessa materia
di cui è fatto Brandon Walker.
Si sta insinuando in me, ancora una volta, espandendosi e
colmandomi della sua essenza.
Perché lui è così. Si prende tutto, senza che tu te ne
accorga.
Ma è giusto? Maledizione, non lo so.
So solo che lo voglio con tutta me stessa.
«Aspetta… aspetta» mormoro sulle sue labbra, mentre le sue
mani calde e ruvide s’insinuano sotto il vestito.
Brandon mi fissa con quegli occhi scuri che mi fanno perdere
la ragione.
«Scusami… sto correndo troppo» suppone, sfilando le mani da
sotto il vestito e mi afferra il viso.
Sospiro, sentendomi ardere dalla testa ai piedi.
«Brandon, non possiamo» sussurro.
«Perché no? Ho lasciato Sofia» mi dice, posandomi un bacio
sulle labbra.
Come se fosse così facile.
«Non è solo Sofia il problema, è tutto sbagliato» gli dico,
staccando le sue mani dal mio viso.
Mi alzo dalle sue gambe e mi ricompongo rapidamente.
Balza in piedi e io rimpicciolisco.
«Non ti fidi di me» afferma, cercando i miei occhi.
Abbasso lo sguardo sulle mie scarpe per non cedere.
«Non posso fidarmi, ma soprattutto… non posso perdonarti».
Ridacchia, cingendomi i fianchi e avvicinandomi a lui.
«Andiamo, Max. Perché ti ho preso in giro dopo la nostra
rottura? Sai che non lo facevo con cattiveria, era solo per spronarti, per
farti ritornare da me».
«Che metodo di merda».
«Ascolta, Max. Io non volevo lasciarti, cazzo… ho dovuto
farlo. Io non avrei mai voluto separarmi da te, eri tutta la mia vita, eri la
mia famiglia, eri il mio posto caldo e sicuro».
Una lacrima mi rotola giù dal viso.
«Ma l’hai fatto, senza pietà, Brandon. Mi hai mollata come
se fossi una qualunque. E non hai fatto niente per rimediare, al contrario. Hai
iniziato a fare il bullo e a uscire con mezza scuola. Per poi puntare mia
cugina. Come potrei… merda, come potrei perdonarti o fidarmi di te?» gli chiedo
con il cuore in frantumi.
Si passa una mano tra i capelli ribelli, serrando la
mascella, scoraggiato.
«Non puoi farlo e basta?».
Mi asciugo le lacrime, ridendo stizzita.
«No, non posso farlo».
Allontano le sue mani dal mio corpo, prendo la pochette e mi
avvio all’ingresso, senza guardarlo.
«Cazzo» sbotta lui, dando un calcio contro il tavolino posto
davanti al divano, e barcolla crollando sul divano.
Apro la porta d’ingresso e per fortuna arrivano Brett
insieme ad Andre e Jerome.
A passo spedito raggiungo il mio amico, dandogli le chiavi
dell’auto.
«Torniamo a casa, Brett».
Brett annuisce, circondandomi le spalle con il suo braccio.
«Torniamo a casa, amica mia».
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