AUTORE: R.S.Grey
EDITORE: Always Publishing
DATA PUBBLICAZIONE: 2 luglio 2020
GENERE: Contemporary, Romance
A ventotto anni Meredith Avery, stella del jet set di Beverly Hills è sposata a un celebre produttore cinematografico, vive una vita da sogno, fatta di glamour e feste. Ma la realtà quotidiana del matrimonio di Meredith è molto lontana da una favola e così lei, da donna caparbia e determinata qual è, una notte decide che ne ha abbastanza del marito insensibile e offensivo e scappa via con solo gli abiti che ha addosso.
La
sua destinazione? Cedar Creek, Texas, dove ad accoglierla ci sarà sua
sorella maggiore. Nella sua impulsività, però Meredith non ha fatto bene
i conti e ben presto scopre che Helen è in viaggio e la sua casa
inagibile.
Jack McNight è la sua ultima speranza: il capo di sua
sorella può offrirle un lavoro temporaneo al Ranch Blue Stone, e un
tetto sulla testa. Peccato che si tratti di un cowboy burbero che si è
già fatto una pessima opinione di lei ancor prima di conoscerla. Jack
pensa che Meredith sia una principessa viziata di città in cerca di
attenzione, giunta in Texas per fare un dispetto al marito e portare
problemi nel suo ranch. Ebbene, ha sottovalutato la forza della
disperazione di Meredith, che non si lascia scoraggiare dal dover pulire
bagni per tutto il giorno, dormire in una catapecchia, o dar da
mangiare a un golden retriever troppo espansivo.
Il problema di
Meredith, in effetti, potrebbe essere un altro... Si sa, i diavoli sono
maestri di tentazione, e per quanto lei vada d’accordo con Jack quanto
l’olio con l’acqua, non può negare il suo fascino diabolico, la voglia
di zittire le sue proteste con un bacio per farlo arrabbiare ancora di
più. Con il passare delle settimane, quella che era cominciata come una
battaglia si trasforma in una alleanza.
Ciao amici,
con il blog
in fase di restyling, ho dovuto interrompere momentaneamente le pubblicazioni,
quindi nei prossimi giorni devo fare un tour the force di recensioni.
Sono voluta
partire da questo romanzo, tra l’altro il primo che leggo di quest’autrice,
perché appena ho capito che parlava di cowboy, per me sinonimo di gran pezzo di
manzo, sexy, bellissimo, rude, non potevo non dargli una certa priorità.
Quindi
eccomi qui.
Il modo di
narrare della Grey mi ha colpito moltissimo.
È riuscita a
creare un romanzo con un mix di serietà e spensieratezza, dandogli a entrambi
il giusto coinvolgimento senza mai ne strafare ma neanche trattandogli con
superficialità.
Ha voluto
approfondire il tema sulla violenza psicologica sulla donna, è l’ha fatto con
molta cura e la giusta importanza, tuttavia non è stata una lettura pesante
perché l’ha accompagnata ha momenti di puro divertimento e dolcezza.
Ho avuto
momenti di ridarella e momenti in cui ho fatto fatica a non piangere,
un’altalena di emozioni continua.
Parlando poi
dei protagonisti sono stati davvero speciali, soprattutto Meredith, che dopo un
matrimonio con un uomo che l’ha trattata come spazzatura, ha avuto il coraggio
di trasferirsi dall’altra parte del mondo per ricominciare una nuova vita e a
dimostrare a sé stessa di non essere una nullità.
Con una
grande forza e tenacia prova a rimettere insieme i pezzi della sua vita e lo fa
in Texas nel Ranch di Jack McNight, Blue Stone.
Sia come
capo che come persona Jack è davvero pessimo, inoltre se mettiamo la pessima descrizione
che le fa la sorella maggiore di Meredith su quest’ultima, ovviamente le cose non
partono con il piede giusto.
Meredith passa
per viziata e capricciosa, e nessuno gli ha mai chiesto il perché di punto
bianco ha
lasciato la
sua zona comfort, per lavare gabinetti e vivere in una topaia.
Sia Jack che
sua sorella maggiore, si sono soffermati alla superficie, hanno giudicato senza
sapere, e questo mi ha fatto davvero rabbia visto che in ogni gesto e parola di
Meredith è un grido di aiuto.
Una storia
che si evolve gradualmente e che ti permette di gustarti ogni parola, ogni
gesto.
Mantenere
fino alla fine il giusto coinvolgimento, non è stato mai così semplice.
Sono arrivata
alla fine con un enorme sorriso sulle labbra e stra soddisfatta.
La Grey al
momento si è posizionate tra le mie autrici preferiti.
Vi consiglio
di leggerlo non ve ne pentirete.
Sullo schermo dei personaggi di cui non mi interessa niente
iniziano improvvisamente a strapparsi i vestiti di dosso. Si sono evitati per
tutto il film, e la tensione è cresciuta fino a condurli a questa scena sexy.
Ci stanno dando veramente dentro: inciampano negli oggetti, sbattono contro le
pareti, fanno cadere a terra fotografie incorniciate.
«Non sarebbe buffo, se il sesso fosse davvero così?» ride
Meredith. «Tipo se si dovesse correre all’IKEA per sostituire tutte le lampade
che si sono rotte e i vasi che sono andati in frantumi, perché si è così
eccitati che si è persa del tutto la percezione dello spazio?»
Non riesco a fare a meno di sorridere. «A me è successo
davvero una volta.»
«Hai rotto una lampada?»
La fa sembrare una cosa assurda.
«Non ho rotto la struttura, solo la lampadina.»
«Stai scherzando.»
Bevo un sorso di birra, preoccupato per la prossima domanda.
«Come?» mi chiede, stupita.
«Dovevo usare il comodino per… be’…» Mi schiarisco la gola:
non c’è modo di continuare senza diventare esplicito. «Per fare leva ho buttato
accidentalmente la lampada a terra. La lampadina è andata in mille pezzi, ma
hai ragione, non è stato teatrale come questo.»
«Oh.»
Sembra in trance. Io fisso intensamente la TV.
«Quindi tu eri sopra la ragazza.»
Le trema la voce.
«La donna» la correggo. «Sì.»
«E quanta… leva… devi fare di solito?»
Questa domanda, posta con tono innocente, è resa peggiore
dal fatto che i personaggi sullo schermo, scena dopo scena, si stanno
abbandonando a giravolte ritmiche accompagnate da gemiti e ansiti. Il tempo
sembra rallentare fino quasi a fermarsi.
Mi alzo, finisco la birra e appoggio la bottiglia vuota sul
tavolino.
Conosco i miei limiti e parlare di sesso, mentre Meredith è
seduta al mio fianco e guardo altre persone fare sesso, è perfettamente… be’…
merda.
«Comunque, vado un po’ a correre» annuncio, infilandomi le
scarpe da ginnastica che avevo lasciato vicino alla porta.
Poi mi volto e me ne vado.
Correre non è una attività a cui mi dedico spesso. Non ne ho
bisogno: lavorare al ranch è un allenamento sufficiente di per sé. Ultimamente,
però, corro un sacco… di continuo, in effetti. Corro dopo aver intravisto la
pancia di Meredith mentre si allunga per prendere un bicchiere dal ripiano più
alto del mobiletto. Corro dopo che ha fatto una battuta a pranzo e mi ha
sfiorato delicatamente il braccio. Corro dopo che è venuta nel mio ufficio nel
pomeriggio a portarmi una tazza di caffè con un muffin appena sfornato. Li
appoggia sulla mia scrivania, mi fa l’occhiolino e poi se ne va muovendosi
sinuosamente. Corro perché è l’unico modo che ho di scaricarmi senza sentirmi
un predatore.
Diavolo, forse a questo punto dovrei allenarmi per l’Ironman
di triathlon. Se Meredith dovesse continuare a vivere qui, probabilmente
riuscirei a vincere.
Quando trenta minuti dopo torno al casolare, sono sudato e
ho l’affanno, ma non sono meno agitato di prima. Merda. I miei meccanismi di
coping stanno iniziando a perdere efficacia. Devo essere creativo, magari
prendere in considerazione un bagno freddo o…
I miei pensieri si bloccando quando apro la porta e trovo
Meredith in soggiorno, che cammina avanti e indietro. Pensavo che ormai fosse
andata a dormire. Il film probabilmente è finito pochi minuti dopo che me ne
sono andato.
Si volta di scatto verso
di me e si torce le mani.
«Sei ancora qui» dico, decidendo che è la cosa più sicura
che mi possa uscire di bocca in questo momento.
Lei viene verso di me, lascia cadere le mani, mi volta la
schiena, si sistema la coda di cavallo e poi si gira di nuovo verso di me.
«Okay, stavo pensando…»
Ha gli occhi spalancati per la preoccupazione. Si mordicchia
il labbro inferiore con i denti. Non l’ho mai vista così nervosa, nemmeno
quando aveva paura di Alfred.
«A cosa?» chiedo, restando assolutamente immobile, la mano
appoggiata alla cornice della porta.
«Tu mi trovi attraente, giusto? Come donna?»
Sbatto le palpebre. Sbatto, sbatto, sbatto.
È un tranello? Una trappola?
Sono il suo datore di lavoro, il suo confidente.
«Uhm… certo?»
Aggrotta la fronte e tra le sue sopracciglia si forma un
solco profondo. «Le donne di solito sperano in un po’ più di entusiasmo.»
«Anche tu?» Meno parli, meglio è, penso. Uso solo un’altra
parola. «Speravi?»
«Be’, sì, perché io ti trovo…,» agita la mano su e giù lungo
il mio corpo e si schiarisce la gola, «molto attraente.»
«Uh-hu.»
«E siamo entrambi liberi.»
«Ne sono consapevole.»
«E penso che dovremmo baciarci.»
Gulp.
«E rompere delle lampade.»
Il suo eufemismo mi fa sorridere, ma poi la realtà mi
raggiunge. «Credimi, vorrei rompere migliaia di lampade con te, ma sei appena
uscita da una brutta relazione.»
«Vero. Anche tu.»
«Non voglio approfittarmi di te.»
«Nobile, ma non necessario.»
«E poi, lavori per me.»
«Vero, ma irrilevante.»
«Potrebbe rendere la nostra relazione molto complicata.»
«Sicuramente, ma vale la pena di rischiare.»
«E… be’…»
Sono al capolinea. Ho finito tutte le scuse. Avrebbe dovuto
essere d’accordo con me su almeno un’obiezione e chiudere la conversazione.
Avrebbe dovuto annuire e dire: Oh, sai cosa? Non ci avevo pensato. Bene, ci
vediamo! Poi ci saremmo dati la mano e sarebbe uscita da casa mia.
Invece, mi guarda con quei grandi occhi azzurri pieni di
speranza e mi potrebbe benissimo chiedere: Troviamo la lampada più grande e più
fragile del Texas.
«Cazzo.» Mi volto, spalanco la porta ed esco.......
Nessun commento:
Posta un commento