AUTORE: Lorella Diamante
EDITORE: Self-Publishing
PUBBLICAZIONE: 16 gennaio 2020
GENERE: Sport, Romance
Credete nel destino?
Io sì, ma non pensavo fosse una donna.
Sono un giocatore di football americano.
Lei è un affascinante mistero.
Sono un predestinato.
Per lei sono solo un ragazzino viziato.
Sono un campione.
Per lei non sono nessuno.
Lei mi sfida.
Io non riesco mai a vincere.
Lei mi confonde anche solo con lo sguardo.
Io non so resistere.
Lei è la mia ossessione.
Io sembro essere solo un gioco per lei.
Lei è la tempesta che cambierà per sempre la mia vita.
Io sono l’uragano che le restituirà la sua.
Questa è la partita che siamo destinati a giocare.
Quando ho iniziato a leggerlo, mi ero preparata un po' alla
solita storia che accomuna questi generi: sport, Football, romantico,
arroganti, nerd, ragazzi tormentati ecc.
Tuttavia, con semplici parole, ci spiega anche il gioco
della vita, ho voluto appositamente usare la traduzione del titolo perché per
la prima volta descrive perfettamente la trama.
Abbiamo il Quarterback, Dylan.
Arrogante? Assolutamente, pensa
di essere un campione, in realtà la sua è solo presunzione.
Tormentato? Si, non
ha nessun tipo di rapporto con i genitori, a parte l’essenziale con il padre. Popolare?
Molto, tutti vogliono essere lui e tutte vogliono un pezzetto di lui.
Voi direte quindi è stereotipo? Inizialmente si, poi però,
pagina dopo pagina vediamo come un ragazzino pieno di rabbia e presunzione, mette
da parte l’egoismo, e inizia a preoccuparsi più per gli altri che per sé stesso.
Un personaggio bello e interessante, eppure, per tutto il
romanzo è stato l’ombra della protagonista femminile, l’ingrediente magico di
questo libro.
Nella maggior parte delle volte al Quarterback viene
affiancata la ragazzina ingenua, un po' sfigata, questa volta no.
Isabel è stata una tempesta, anche il soprannome che le è
stato dato è azzeccato.
Delicata e graziosa, nel corpo di un uomo e ha il coraggio e
la forza di un guerriero.
È lei il comandante di questa
trama, e lei che conduce il gioco.
Come primo romanzo che leggo di
questa autrice mi ha fatto davvero una bellissima impressione, ho trovato molta
maturità nelle sue parole.
Ha saputo coinvolgermi e tenermi
incollata fino all'ultima pagina.
Mi ha fatto vedere quanto la vita
può essere ingiusta, e che dobbiamo iniziare ad apprezzare ogni singolo
momento, ma soprattutto, non perdere mai la speranza, perché il destino può
riservarci grandi cose.
Assolutamente ne consiglio la
lettura, io ho passato praticamente una notte insonne, ma ne è valsa la pena.
❪❪ La chimica era una scienza esatta: se si mettevano insieme
due molecole destinate a esplodere, quelle sarebbero esplose, non ci sarebbe
stato modo di impedirlo, e noi eravamo un’esplosione senza precedenti.
Ero
sempre stato un uomo irruento a letto e stavo baciando la mia versione
femminile. Le lingue vorticavano impazzite, i denti mordevano le labbra.
Dimenticai tutto: gli allenamenti di merda, il fatto che era tutto finto e che
lei avrebbe potuto baciare una donna qualsiasi nello stesso modo, con la stessa
foga con cui stava baciando me. Volevo avere il controllo di quel bacio, ma lei
me lo toglieva e io lo toglievo a lei. Qualunque cosa fosse ciò che teneva le
nostre labbra incollate, mi piaceva, mi terrorizzava e mi eccitava. Era tutto
buio, oscuro, e poi tutto brillava in un’alternanza di sensazioni fortissime.
Ero di nuovo un drogato che non voleva smettere di sballarsi. Le misi una mano
dietro la nuca per attirarla ancora di più a me e, di nuovo, mi morse il
labbro. Stavolta fece ancora più male e il risveglio ancora più crudele.
«Cazzo, Isabel! Si può sapere cosa ti prende?» Mi guardò e, per una frazione di
secondo, fu come vedere un’altra persona: quel blu dei suoi occhi, sempre
freddo, distante, piatto, era un mare in… tempesta. Sbatté le palpebre e tutto
tornò al suo posto.
«Smettila di baciarmi quando non è necessario.»
«Altrimenti? Potresti innamorarti di me?» la provocai.
Rise, una risata triste.
«L’amore non esiste.»
Non potevo essere più d’accordo con la sua risposta, ma
in quel momento suonava come una condanna per entrambi.
«La prima cosa su cui
siamo d’accordo» risposi, convinto delle mie parole. «Quindi, dov’è il
problema? Divertiamoci, non sono un tipo geloso» continuai a provocarla, ma non
era vero. Ero geloso pure dell’aria che respirava, ma continuava a confondermi
e io volevo confondere lei.
«Non sopravvalutarti troppo. L’arroganza è un
grosso difetto, Barlow, specialmente nello sport.»
«Disse la donna bionica!»
Scoppiò a ridere e anch’io sorrisi.
«Non sono bionica, mi alleno molto, cosa che
dovresti fare anche tu visto che il prossimo anno entrerai nel professionismo.»
La piega che stava prendendo il discorso non mi piaceva, dal momento che mi
aveva già detto che non ero nessuno, ma sapevo con certezza che dovevo
ascoltare ciò che aveva da dire.
Ma perché avevo quella certezza?
«Cosa
vorresti dire? Che non mi alleno abbastanza?»
«Potresti diventare un giocatore
fortissimo, se solo scendessi dal piedistallo e ti mettessi in discussione.»
Era meglio quando le tappavo la bocca con la mia.
«Il campo parla per me, tu
perché parli?»
«Sei scontato e prevedibile quando parli, figuriamoci quando
giochi.»
«Cominci a farmi incazzare, Isabel. Qui non c’è nessuno, siamo solo io
e te, puoi anche smetterla con quell’atteggiamento da dura che hai. Scendi tu
dal piedistallo, non hai motivo di stare lì.»
In un secondo mi ritrovai il suo
viso di fronte al mio, forse cinque centimetri in altezza ci dividevano, il suo
sguardo era fuoco allo stato puro. Afferrò la mia felpa con forza con entrambe
le mani e strinse intorno al mio collo avvicinandomi a un soffio dal suo viso.
«Tu cadrai, è inevitabile, e quando cadrai, ti volterai e non ci sarà più
nessuno intorno a te. Tutti quelli che ora ti leccano il culo spariranno e cosa
farai, grande campione? A cosa ti aggrapperai? Alle palle che non hai? Bisogna
saper cadere per imparare a rialzarsi e tu… non sai cadere.»
Sembrava in trance
e io ero come paralizzato, forse dalle sue parole, forse dalla forza con cui
stringeva la mia felpa tra le mani, forse da quegli occhi che mi stavano, di
nuovo, raccontando una storia, la storia di… una guerriera.
Lasciò andare la
mia felpa come se si fosse improvvisamente svegliata da un sogno o da un
incubo.
Chi cazzo sei, Isabel Storm?
Raccontami la tua storia.
I miei pensieri
sembravano impazziti nella mia testa, le idee si confondevano, ma tu cadrai non
l’avrei mai dimenticato. Il tono con cui aveva pronunciato quelle parole si era
infilato sotto la mia pelle, lo sentivo ovunque e il suo significato era vero,
certo: io sarei caduto.
Si rinfilò le cuffie nelle orecchie senza aggiungere
altre parole, come se ne avesse dette abbastanza, forse troppe. Non voleva
esporsi in quel modo, ne ero certo, ma neanche lei poteva fare niente contro
quella maledetta formula chimica che ci teneva uniti.
La vidi allontanarsi
verso gli alloggi del campus con il passo sicuro e le spalle dritte di chi era
in grado di sorreggere il peso del mondo intero sopra quelle spalle.❫❫
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