martedì 17 marzo 2020

IL MIO GIOCO SEI TU (2.RIXON RAIDERS SERIE) DI L.A.COTTON

RIXON RAIDERS SERIE
1.IL MIO PROBLEMA SEI TU, 12 novembre 2019...(Recensione)
2.IL MIO GIOCO SEI TU, 12 febbraio 2020
3.The Harder Yuo Fall

AUTORE: L.A.Cotton
EDITORE: Queen Edizioni
GENERE: Sport Romance


Felicity Giles ha una lista. 
Perdere la verginità. 
Incontrare il suo principe azzurro e innamorarsi. 
Vivere l’ultimo anno di liceo al massimo. 
L’unico problema? 
Il suo principe non fa parte dei buoni, è un cattivo, e lei è abbastanza sicura che lui la distruggerà prima di donarle il suo cuore. 
Jason Ford ha un piano. 
Vincere il Campionato Nazionale e diventare uno dei quarterback più famosi della storia dei Rixon Raiders. 
Andare al college e realizzare il suo sogno di entrare a far parte della NFL. 
Evitare la ragazza per cui ha iniziato a provare qualcosa. 
Felicity Giles, la migliore amica della sua sorellastra, nonché una perenne spina nel fianco. 
Lei è fottutamente fastidiosa. Strana. 
Per lui è solo un gioco, niente di più. 
Fino a quando il suo più grande rivale decide di farla pagare a lui e alle poche persone a cui vuole bene… e Felicity viene messa in mezzo. 
E all'improvviso l’odio che prova per lei inizia a sembrare amore.




Già con la fine del primo romanzo ho avuto il sospetto che Felicity e Jason sarebbero stati i miei protagonisti preferiti, e che questo libro mi avrebbe conquistato immediatamente.
La buona riuscita è dovuta anche alla narrazione semplice e coerente della Cotton, che ha voluto raccontarla dal punto di vista di entrambi i protagonisti, scelta preferibile ma non facile.
È stata una lettura che mi ha tenuto in sospeso fino alla fine, costantemente in bilico tra amore e odio, cedere o resistere all'attrazione.
Un tira e molla che mi ha lasciato sospirare all'infinito, dove ogni bacio rubato o uno sguardo fugace, sono talmente preziosi da avermeli fatti desiderare con trepida attesa.
Ogni parola, gesto, poteva diventare o un balsamo per le ferite di Felicity e Jason, o l’ennesimo taglio da aggiungersi agli altri.
Tuttavia, nella maggior parte del libro, la crescita motiva di Jason, la realizzazione e la consapevolezza dei torti fatti e delle scelte sbagliate, diventano trama principale, e oscurano completamente la protagonista Felicity, che diventa quasi una presenza astratta.
Per come sta proseguendo questa serie, ci siamo alla grande, speriamo che continua così.

Felicity

«Avete visto Jason?» Queste furono le parole che uscirono dalla bocca di Hailee mentre correva verso di noi. 
«No, siamo stati qui tutto il tempo», disse Asher. 
«Cavolo. Lui e suo padre hanno discusso e Jason se n’è andato. Sembrava abbastanza incazzato. 
Volevo andargli dietro, ma qualcuno mi ha fermata per parlare dei dipinti.» 
«Cazzo», mormorò Cam, tirando Hailee sulle sue gambe. «Questa è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.» 
«Dovresti andare da lui», mi disse Asher, mentre riflettevo sul modo in cui il suo migliore amico stringeva la mia migliore amica. Intimo. Tenero. Come se lei fosse la cosa più importante del mondo. 
«Non lo so», dissi; lo sconforto mi si stava arrampicando in gola come uno scarafaggio. «Prima non mi è sembrato felice di vedermi.» In effetti, si era comportato come se vedermi fosse l’ultima cosa che voleva. «Forse me ne dovrei andare e basta.» 
«Almeno prova a parlarci, okay? Sembrava davvero scosso», disse Hailee, i suoi occhi erano supplichevoli. 
Il mio cuore soffriva per Jason e volevo andare da lui, davvero, ma non ero sicura che sarei sopravvissuta a un altro rifiuto. 
«Lui ha bisogno di te, Fee.» Asher mi fece un mezzo sorriso. «E poi, se non vai tu da lui, deve farlo uno di noi, e sono sicuro che lui preferirebbe vedere il tuo bel viso invece del brutto muso di Cam.» 
«D’accordo, vado.» Mi alzai. «Qualche idea su dove potrei provare a cercarlo?» La casa del coach Hasson era come un labirinto. 
«Prova la rimessa della barca o giù al fiume.» 
«Okay, auguratemi buona fortuna.» 
Sorrisero tutti e tre. «Buona fortuna», disse Hailee. «E non accettare un no come risposta.» 
Con gambe tremanti, attraversai il giardino degli Hasson e imboccai il sentiero che dal patio principale conduceva al fiume. Fuori era buio, solo la luna argentea illuminava la strada. 
«Jason?» sibilai in un sussurro. «Sei qui giù?» 
Dato che mi rispose solo il silenzio, continuai a camminare, superando la rimessa. Non c’era nessuno lì. Mi lasciai cadere su una panchina traballante e guardai il fiume scintillare e danzare in lontananza. 
Per tutta la sera Jason mi aveva ignorata. Ma, nonostante la sua freddezza, Hailee aveva ragione. Avevo bisogno di mettere un punto a tutta la faccenda. Di sapere una volta per tutte cosa significassi per lui. Se mi ero solo sognata la connessione che si era creata tra noi. Perché io sapevo cosa provassi, e sapevo di piacere a Jason. Solo che lui non sapeva come gestire la cosa. 
I secondi passarono, e l’aria fece scivolare le sue dita gelate sul mio viso e sul collo. Stringendomi nella giacca, mi alzai, pronta ad ammettere la mia sconfitta e tornare dai miei amici, quando sentii un fruscio. 
«Jason?» chiamai. 
«Non dovresti essere qui», disse dall'ombra. Feci un passo verso di lui, la luce argentea della luna rimbalzava sul suo profilo duro, facendolo sembrare ancora più intimidatorio del solito. 
«Sono venuta a vedere se stai bene. Hailee ha detto che ti ha visto litigare con tuo padre.» 
«Hailee ha bisogno di imparare a farsi i cazzi propri.» Il suo tono rispecchiava il suo sguardo. Freddo. Diffidente. Completamente privo di emozioni, malgrado tutta la rabbia che si irradiava da lui in onde scure. 
Un brivido mi risalì la schiena, e strinsi più forte le braccia attorno al mio corpo. «Jason, parlami, ti prego.» 
«Per dirti cosa? Credevo che ieri avessi capito il messaggio.» 
«Quindi, tutto qui?» Spinsi in profondità il dolore delle sue parole dure. «Vuoi solo andare via e fare finta che questo, noi, non sia niente?» 
«Perché è niente», ringhiò. «Non so cos'altro fare per fartelo capire. Lo hai detto tu stessa, Giles: non eri nient’altro che un gioco. Un gioco che ho vinto, e adesso ho chiuso con te.» 
Le lacrime mi punsero gli angoli degli occhi, ma non avrei pianto, non di fronte a lui. Non si meritava le mie lacrime. Neanche una. 
«Perché stai facendo questo? Perché sei così crudele? Ci tieni a me, Jason», dissi, raddrizzandomi. 
«So che è così. Hai solo paura. Paura di provare qualcosa. Beh, notizia flash, ho paura anch'io. Ma sono qui. Sono disposta a correre il rischio per te. Per noi.» Il mio petto rimase schiacciato dal peso delle mie parole, ma Jason rimase impassibile. Indifferente. 
«Non c’è nessun noi.» Le sue parole taglienti mi fecero sussultare. «Perché non vuoi capirlo?» 
«Perché non ti credo. Ieri notte…» 
«Credi che ieri notte abbia significato qualcosa?» Sbuffò divertito, la durezza del suo sguardo fu come avere un centinaio di piccoli pugnali a tagliarmi la pelle. «Ho fatto un favore a Hailee e ho evitato a tutti l’imbarazzo. Eri in condizioni pietose, cazzo.» 
Le sue parole si abbatterono su di me, facendomi schizzare il cuore in gola. Il sangue pompava nelle mie orecchie. 
In condizioni pietose. 
Non mi aveva salvata perché gli importava… mi aveva salvata perché gli facevo pena. 
«Dio, sono una stupida.» Così stupida. «Ho lasciato che tutti loro mi convincessero del fatto che ti piaccio, che hai bisogno di me. Ma tu non hai bisogno di nessuno.»
Le persone senza cuore non avevano tempo per tenere alle altre persone, figuriamoci aver bisogno di loro. 
«Finalmente lo hai capito, eh?» Si grattò la mascella sovrappensiero. 
«Spero che tu trovi quello che stai cercando, Jason», dissi con determinazione, a bassa voce. Magari dentro stavo cadendo a pezzi, ma lui non mi avrebbe vista crollare. 
Jason non disse niente, io mi voltai e iniziai ad allontanarmi. Ma la sua voce ruppe il silenzio pensante. 
«Oh, e, Giles…» 
«Sì?» sbottai da sopra la spalla, un filo sottile era l’unica cosa che mi manteneva in piedi. 
«Dovresti pensare di fare domanda in un’altra scuola. La Penn non è abbastanza grande per entrambi e non so che stronzata stai cercando di organizzare, ma non ti voglio lì.» 
Le mie labbra si socchiusero con un sussulto doloroso. Avrei voluto ribattere, dirgli che il fatto di fare domanda alla Penn non aveva niente a che fare con lui, ma aveva tutto a che fare con i miei genitori, con il mio futuro, ma una figura apparve dall'ombra
«Ehi, piccolo», disse Jenna, scivolando fino a Jason come se io non fossi stata lì in piedi con gli occhi pieni di lacrime. «Ti sono mancata? Oh, ehi, Felicity, non ti avevo vista lì.» 
Mi aveva vista eccome. Voleva solo avere la soddisfazione di vedere il sangue defluire dalle mie guance. 
«Dovresti andartene adesso, a meno che tu non voglia assistere allo spettacolo, se sai cosa intendo.» Fece un sorrisetto prima di premere le labbra su quelle di Jason, assicurandosi che avessi un posto in prima fila. 
Lui non era coinvolto, non la stava toccando, né stava ricambiando il bacio. Stava guardando me. I suoi occhi duri mi stavano sfidando silenziosamente a dire qualcosa. 
Mi ci sarebbe voluta tutta la forza possibile, per saltare sulla schiena di lei e strapparla dal ragazzo che, senza saperlo, mi aveva rubato il cuore. 
No, non era vero. Non lo aveva rubato. Io glielo avevo consegnato volontariamente. Sperando segretamente che fosse abbastanza. Che io fossi abbastanza. Quando per tutto il tempo avevo saputo di non esserlo. Jason Ford era un lupo travestito da pecora e io non ero nient’altro che un gioco contenuto in una bella scatola. Qualcosa per passare il tempo. Un gioco che gli era già venuto a noia. 
«Non ti facevo una guardona.» La voce di Jenna mi riscosse dai miei pensieri cupi. «Ma se vuoi guardare, magari impari una cosa o due», ridacchiò contro la spalla di Jason. 
Cavolo, faceva male. Non volevo credere che lui le avesse detto che gli avevo dato la mia verginità, ma, a quel punto, tutto era possibile. Perché io non conoscevo Jason. Forse non lo avevo mai fatto. 
«È tutto tuo.» Riuscii a malapena a sputare fuori quelle parole. 
Solo per un brevissimo istante credetti di aver visto un flash di rimpianto nello sguardo di Jason, ma poi catturò la bocca di Jenna e chiuse gli occhi, perdendosi in quel bacio e mostrandomi che non era cambiato affatto. Era ancora il bastardo senza cuore che aveva sempre sostenuto di essere. Solo che era troppo tardi. Mi aveva attirata a sé e poi mi aveva calpestata, senza preoccuparsi del fatto di aver distrutto il mio cuore in migliaia di pezzi. Pezzi che non sarebbero mai guariti completamente. 
In qualche modo, nonostante la voragine nel mio petto, riuscii a girarmi e, a testa alta, allontanarmi da loro. Da Jason. Per quella che mi promisi sarebbe stata l’ultima volta. 




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