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AUTORE: Aurora Rose Reynolds
SERIE: 6# Until Her/Him
EDITORE: Newton Compton
GENERE: Contemporary, Romance
Harmony Mayson non è il tipo di ragazza che corre rischi inutili, ma
dopo aver incontrato Harlen MacCabe, inizia a chiedersi se non si stia
perdendo qualcosa...
Più tempo trascorre con il motociclista e più
si rende conto di desiderare una vita completamente diversa. Harlen vive
alla giornata. Dopo aver perso entrambi i genitori in giovane età a
causa di una rapina andata a male, sa bene quanto è preziosa la vita ed è
determinato a non sprecare nemmeno un istante. Quando incontra la
bellissima Harmony e scopre che si sta trasferendo in città, è deciso a
insegnarle a cogliere l'attimo e a convincerla a stare con lui. Quello
che Harmony e Harlen non sanno è che il destino ha dei piani per loro. E
c'è qualcuno che ha un profondo desiderio di vendetta...
Allora,
siccome sono tante le cose che voglio dire ho deciso di utilizzare il metodo
dell'elenco, così forse riesco a far capire meglio il mio pensiero.
Cominciamo:
1- La bravura
di una scrittrice, a parte saper scrivere, sta principalmente nel riuscire a
creare, grazie alla sua fervida fantasia, storie e personaggi sempre diversi.
Mi spiego
meglio.
Ho avuto
piacere di conoscere la Reynolds, grazie alla serie “UNTIL” dove conosciamo i
fratelli
Mayson.
Ora, in ogni
romanzo le dinamiche sono sempre state le stesse, ma non importa, comunque sono
stati carini.
Tuttavia,
dopo aver letto la storia di ogni fratello Mayson, ho creduto che ero arrivata
alla fine della mia avventura.
Comprendo il
successo che ha riscosso, però, dedicare un’altra serie ai Mayson e ai figli, l’ho
trovato monotono.
2- Facciamo
l’ipotesi che io sia d’accordo con l'autrice nel voler raccontarci come se la stanno
cavando i piccoli della famiglia.
Già la serie
Until le trame sono state tutti similari, sono stati cambiati i nomi dei
personaggi ma le dinamiche sono state le stesse.
È
inammissibile però, che anche questa seconda serie è identica alla prima, zero
inventiva.
I
Protagonisti sono sempre uguali, dispotici, prepotenti, dalla virilità
esagerata e con tendenze da
stalker.
Le
protagoniste docili, isteriche, e soprattutto sfortunate, come è possibile che
le Donne di questa famiglia, sono state tutte aggredite, quasi uccise o rapite?
io non capisco.
3- Se
rimaneva sul lato romantico, non sarebbe stato bruttissimo, anzi.
È stato quel
suo voler inserire a tutti i costi un lato giallo alla storia che ha rovinato
tutto.
4- A
differenza delle protagoniste che l’hanno proceduta, Harmony si è presentata
meno psyco.
Anche qui
ora mi spiego meglio.
Tutte le sue
cugine e non, quando i loro compagni facevano i prepotenti, iniziavano a
sbraitare e a urlare per poi fare comunque quello che gli era stato ordinato,
perché?
Hai voluto
creare queste protagoniste accomodanti? Basta rimani su questa rotta, non puoi
pensare che solo perché urlano tre secondi allora hanno carattere, a me sono
sembrate sociopatiche.
Con Harmony invece,
non ha voluto accentuare questo tratto distintivo, e dico per fortuna, infatti è
stata la più normale.
5- Lo
svolgimento della trama è stato assurdo, ma anche i dialoghi proprio
inconcepibili.
Tralasciando che passi da una scena all’altra in un
batter d’occhio senza capire ne come ne quando, e su questo ho dato colpa anche
alla traduzione in italiano, A quale pubblico vuoi avvicinarti, Alle ragazzine?
Alle persone romantiche come me ma con un’età più adulta? A chi ama i generi
erotici? o i gialli? Io non l’ho capito.
6- I Mayson sono una famiglia molto numerosa, adesso
io mi chiedo, ha intenzione di dedicare un libro a tutti quanti?, Perché
arriverò alla fine che dovrò chiedere la pensione.
Insomma, non ci siamo proprio.
Io spero ancora in un cambiamento, ma la vedo
difficile.
Consiglio alla Reynolds di dire addio alla famiglia
Mayson.
Purtroppo, devo dire che il mio rapporto con lei sta
andando in crisi.
Sentendo la pelle formicolare, guardo Harlen e lo trovo a
fissarmi ancora. «Mi metti in imbarazzo», sospiro.
«Non posso credere che tu ti sia tagliata i capelli»,
esclama mentre prendo il mio drink e ne bevo metà. Non ha detto che gli sono
piaciuti quando è venuto a prendermi. No, le prime parole che gli sono uscite
dalla bocca quando ho aperto la porta sono state: «Cosa cazzo hai fatto ai
capelli?», facendomi venire voglia di prenderlo a calci negli stinchi.
«Be’, l’ho fatto, quindi piantala», ribatto, scocciata e un
po’ brilla. Okay, molto brilla.
«Piccola, mi piacciono. Mi ci vorrà solo un po’ di tempo per
abituarmici», mi tranquillizza e io mi volto di nuovo a guardarlo.
«Come vuoi», replico
e lui sorride, facendomi socchiudere gli occhi. «Torno subito, mi puoi ordinare
un altro cocktail?»
«Certo», annuisce e io scendo dallo sgabello. Vado in bagno,
faccio pipì e poi mi guardo nello specchio, aprendo l’acqua.
«Mi piacciono i miei capelli», mormoro al mio riflesso
mentre mi lavo le mani. Poi le asciugo con della carta e uso lo stesso pezzo di
carta per chiudere il rubinetto e aprire la porta, come faccio sempre.
Appena torno nella sala, gli occhi di Harlen mi si incollano
addosso. «Ti ho preso dell’acqua», mi dice e io scuoto la testa.
«Ho chiesto un cocktail, non acqua».
«Ne puoi avere un altro dopo aver bevuto dell’acqua».
«Come vuoi», borbotto di nuovo arrampicandomi sullo sgabello
accanto al suo.
«Stai bene?»
«Sì». Mi volto e incrocio il suo sguardo.
«Sicura?»
«Sì».
«Ce l’hai ancora con me?», domanda e io abbasso gli occhi
sulla sua bocca sorridente.
«No».
«Sei un angelo», ride e a me si stringe lo stomaco. Dio,
adoro quando mi chiama così. Non lo fa spesso, ma è dolce. «Ti passerà». Mi
cinge il collo con la mano e so che sta per baciarmi la fronte, ma invece di
inclinare la testa verso il basso per lasciarglielo fare, la tiro indietro
quasi inconsciamente.
Poi mi allungo in avanti, appoggiandogli le mani sul petto.
Quando le nostre bocche si incontrano, schiudo le labbra e tiro fuori la
lingua, sfiorandolo. Affondo le unghie nella sua camicia, mentre una delle sue
mani si infila tra i miei capelli e l’altra mi stringe il fianco. Piegandomi la
testa di lato, la sua lingua gioca con la mia, facendomi gemere.
«Cazzo», grugnisce. E poi se ne va. A tre metri da me,
dall’altra parte della sala, mi volta le spalle e scompare lungo il corridoio
che porta al bagno.
«Oh no». Con il respiro pesante mi rendo conto di cosa ho
fatto, di cosa è appena successo; mi guardo intorno, salto giù dallo sgabello,
prendo la borsa e volo verso la porta. Non penso a cosa sto facendo o a dove
sto andando. Corro fino alla fine dell’isolato. Non ho guidato io fino qui, ma
Harlen. Non ho la mia macchina – non che guiderei in questo stato, ma almeno
potrei nascondermici dentro se l’avessi con me.
Raggiungo l’angolo della via, svolto, premo la schiena
contro il muro e tiro fuori il telefono; lo sblocco, apro l’app di Uber. Devo
andarmene di qui e in fretta. Per fortuna c’è un autista nelle vicinanze,
quindi invio la richiesta e aspetto che arrivi. Poi non faccio altro che
lasciare il mio nascondiglio e attraversare la strada.
«Harmony?», domanda la ragazza alla guida abbassando il
finestrino. Annuisco, apro la portiera posteriore, salgo e mi acquatto sul
sedile. «Tutto bene?»
«Sì», mento sentendo il telefono squillarmi in mano. Guardo
lo schermo e strizzo gli occhi.
«Sicura?», continua e io apro le palpebre per incrociare il
suo sguardo nello specchietto. È molto carina, con i capelli scuri e grandi
occhi azzurri. Non assomiglia agli altri autisti di Uber che ho incontrato. Ma
è anche vero che non utilizzo spesso il servizio.
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