lunedì 24 febbraio 2020

SIGNORE DELLA MORTE (4.NEUBOURG SERIE) DI CHIARA MINEO

NEUBOURG SERIE
1.BRAVE. SIGNORA DEI DRAGHI, 13 marzo 2017 (Recensione)
2.SIGNORE D'INVERNO: IL BACIO MORTALE, 15 settembre 2017 (Recensione)
3. SIGNORA DEL TEMPO.IL TEMPO NON CONCEDE PERDONO, 7 gennaio 2018 (Recensione)
4. SIGNORE DELLA MORTE, 14 luglio 2018, (PREQUEL)

GLI EREDI DI NEUBOURG
1. L'EREDE DEI DRAGHI, 3 giugno 2019

AUTORE: Chiara Mineo
EDITORE: Self-publishing
GENERE: Fantasy Romance


Lugo, secondo genito della dinastia Birka, appartiene al popolo vichingo. Cresciuto dal padre come un guerriero, non sa cosa sia l’amore. Per lui esistono solo la supremazia e il desiderio, l’appagamento. Accampato con i suoi uomini lungo le rive di Røros, saccheggiano il villaggio nel cuore della notte, uccidendo uomini e donne. È in questa occasione che i suoi occhi si posano per la prima volta su Celine. Indomita e selvaggia, tenta in tutti i modi di difendersi dai brutali attacchi del nemico, finché Lugo non ha la meglio sulla giovane. Attraverseranno il mare per raggiungere Neubourg, dove Lugo le farà conoscere la schiavitù.
Ma il destino riserva sentieri oscuri per il giovane vichingo. Ferito gravemente, dovrà fare i conti con la Morte in persona.

Cosa nascondono da sempre Lugo e Celine? Chi sono veramente?
Lui è il Signore della Morte e la Morte rivendica le loro anime.

Celine sussultò, mentre le corde sfregarono intorno ai suoi polsi. Si rimise su a sedere, mentre Lugo si avvicinava a lei. Indietreggiò, la stazza di lui era sempre più vicina e possente. Gocce di sudore imperlarono la fronte della ragazza, tesa come il ramo di un albero. I suoi occhi erano fissi sul viso del guerriero, i suoi tratti severi, ma i suoi occhi erano privi d’espressione. Era nudo, ma a lui non importava, completamente a suo agio. 
Lei era la sua piccola preda. 
Gli occhi di Lugo si posarono sul corpetto lacerato, sui seni alti e i capezzoli turgidi. La verga sussultò tra le sue gambe. Lei non era la prima donna che possedeva, ma era la prima che bramava. 
Da dove nasceva quello sfrenato desiderio? 
La voleva, la desiderava con ogni muscolo del suo corpo. E l’avrebbe presa.  
Dragos aveva ragione. Era un vichingo: se desiderava una cosa, doveva solo allungare la mano e prenderla. E così avrebbe fatto. 
Lugo si inginocchiò sopra il giaciglio e, nello stesso istante, Celine cercò di sfuggirgli, ma non capiva che questa sua resistenza aumentava solo il desiderio. 
«No!» urlò mentre lui le afferrava la caviglia. Con uno strattone, la trascinò sotto di sé, facendola sussultare. Celine scalciò, cercò di colpirlo, ma le mani di Lugo la stringevano troppo forte. 
«Stai buona!» le ringhiò addosso, trattenendola. 
Il cuore di Celine batteva troppo forte nel petto, un moto di nausea le serrava la gola. 
Avvertì la carne di lui contro il suo petto nudo, calda e liscia. La verga poggiava contro la sua coscia. 
Lugo si piegò verso di lei, simile a una foglia tremante scossa dal vento. Respirò avido il suo profumo: sotto l’odore del sudore si nascondeva il dolce profumo di rose che marchiava la sua pelle. 
Le sue labbra strusciarono sull’incavo del suo collo, procurandole un lungo brivido. Tratteneva il respiro, poteva sentire il cuore martellare forte nel petto, come un uccellino che vuole fuggire via, ma le cui ali ormai sono state tarpate. 
Iniziò a baciarle il collo, una scia di baci lenti e sensuali. E lei continuava a tremare, mentre le mani di lui scorrevano lentamente per tutto il suo corpo. Seguì il profilo della coscia, sotto la gonna. Raggiunse il centro delle sue gambe e affondò due dita nelle sue intimità. Era bagnata fradicia. 
«Ti prego!» lo scongiurò lei, stringendo gli occhi. 
«Dov’è finito tutto il tuo coraggio, Celine? Un attimo prima ti stavi ribellando…» la schernì. 
«Se hai un briciolo di compassione, Vilnius, allora lasciami andare…» Le mani di Lugo si soffermarono nel sentirsi chiamare così. Non gli piaceva che lei pronunciasse il nome del fratello. Dalla sua bocca doveva udire solo il suo nome. 
LUGO.
 Lugo le afferrò il mento con una mossa brusca e, per la seconda volta, lei vide l’ira nei suoi occhi. 
«Non chiamarmi in quel modo!» le ordinò a denti stretti, fissandola dritto negli occhi. 
«E tu non pronunciare il mio nome!» 
«Celine, chiariamo una cosa: qui comando io» a dimostrazione di ciò, chiuse la mano a coppa sopra le sue intimità, reclamandola come sua. 
Ma negli occhi di lei continuava a brillare quella lieve fiamma, cui si ostinava ad aggrapparsi: la fiamma del coraggio e dell’ostinazione. Non voleva piegarsi al suo volere, non voleva che lui la spezzasse. 
Essere distrutta dalle sue mani sarebbe stato l’oltraggio peggiore. 
Lui si avvicinò alle sue labbra, ricordando il loro ultimo e sfrenato bacio, e in risposta lei strinse gli occhi, preparandosi al peggio. A quel gesto, Lugo si soffermò, così vicino alla sua bocca che Celine poteva avvertire il suo fiato. 
«Quella sera ti piaceva essere baciata da me…» mormorò sopra le sue labbra. 
Lentamente, Celine riaprì gli occhi, ma il viso era rivolto verso la parete di legno, in un punto indistinto. 
«Quella volta non eri un assassino…» mormorò con voce spenta. 
«Ti sbagli» la contradisse, allentando la presa sul suo viso. «Sono sempre stato un assassino.» 
Lei non rispose alla sua affermazione, ma una nota di dolore attraversò i suoi occhi. 
Lugo la lasciò andare. Sotto gli occhi confusi di lei, indossò di nuovo la sua tunica. Celine si mise a sedere, guardando le sue mani mentre riallacciavano la cinghia. 
Poi, si avvicinò di nuovo verso di lei. «Alzati» le ordinò. 
«Che cosa vuoi fare?» gli chiese confusa e allarmata allo stesso tempo. 
«Alzati. Obbedisci» ripeté lui, ma con tono impaziente. 
Celine rimase immobile, le labbra ridotte a una sottile linea. 
«Che cosa vuoi fare?» si ostinò a chiedere, alzando il volume della voce. 
«Hai detto che avresti preferito la compagnia dei miei uomini. Ti accontento subito.» 
Celine impallidì bruscamente......




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