lunedì 27 luglio 2020

UN DIAVOLO ARROGANTE DI R.S.GREY

TITOLO: Un Diavolo Arrogante
AUTORE: R.S.Grey
EDITORE: Always Publishing
DATA PUBBLICAZIONE: 2 luglio 2020
GENERE: Contemporary, Romance
A ventotto anni Meredith Avery, stella del jet set di Beverly Hills è sposata a un celebre produttore cinematografico, vive una vita da sogno, fatta di glamour e feste. Ma la realtà quotidiana del matrimonio di Meredith è molto lontana da una favola e così lei, da donna caparbia e determinata qual è, una notte decide che ne ha abbastanza del marito insensibile e offensivo e scappa via con solo gli abiti che ha addosso.
La sua destinazione? Cedar Creek, Texas, dove ad accoglierla ci sarà sua sorella maggiore. Nella sua impulsività, però Meredith non ha fatto bene i conti e ben presto scopre che Helen è in viaggio e la sua casa inagibile.
Jack McNight è la sua ultima speranza: il capo di sua sorella può offrirle un lavoro temporaneo al Ranch Blue Stone, e un tetto sulla testa. Peccato che si tratti di un cowboy burbero che si è già fatto una pessima opinione di lei ancor prima di conoscerla. Jack pensa che Meredith sia una principessa viziata di città in cerca di attenzione, giunta in Texas per fare un dispetto al marito e portare problemi nel suo ranch. Ebbene, ha sottovalutato la forza della disperazione di Meredith, che non si lascia scoraggiare dal dover pulire bagni per tutto il giorno, dormire in una catapecchia, o dar da mangiare a un golden retriever troppo espansivo.
Il problema di Meredith, in effetti, potrebbe essere un altro... Si sa, i diavoli sono maestri di tentazione, e per quanto lei vada d’accordo con Jack quanto l’olio con l’acqua, non può negare il suo fascino diabolico, la voglia di zittire le sue proteste con un bacio per farlo arrabbiare ancora di più. Con il passare delle settimane, quella che era cominciata come una battaglia si trasforma in una alleanza.



Ciao amici,
con il blog in fase di restyling, ho dovuto interrompere momentaneamente le pubblicazioni, quindi nei prossimi giorni devo fare un tour the force di recensioni.
Sono voluta partire da questo romanzo, tra l’altro il primo che leggo di quest’autrice, perché appena ho capito che parlava di cowboy, per me sinonimo di gran pezzo di manzo, sexy, bellissimo, rude, non potevo non dargli una certa priorità.
Quindi eccomi qui.
Il modo di narrare della Grey mi ha colpito moltissimo.
È riuscita a creare un romanzo con un mix di serietà e spensieratezza, dandogli a entrambi il giusto coinvolgimento senza mai ne strafare ma neanche trattandogli con superficialità.
Ha voluto approfondire il tema sulla violenza psicologica sulla donna, è l’ha fatto con molta cura e la giusta importanza, tuttavia non è stata una lettura pesante perché l’ha accompagnata ha momenti di puro divertimento e dolcezza.
Ho avuto momenti di ridarella e momenti in cui ho fatto fatica a non piangere, un’altalena di emozioni continua.
Parlando poi dei protagonisti sono stati davvero speciali, soprattutto Meredith, che dopo un matrimonio con un uomo che l’ha trattata come spazzatura, ha avuto il coraggio di trasferirsi dall’altra parte del mondo per ricominciare una nuova vita e a dimostrare a sé stessa di non essere una nullità.
Con una grande forza e tenacia prova a rimettere insieme i pezzi della sua vita e lo fa in Texas nel Ranch di Jack McNight, Blue Stone.
Sia come capo che come persona Jack è davvero pessimo, inoltre se mettiamo la pessima descrizione che le fa la sorella maggiore di Meredith su quest’ultima, ovviamente le cose non partono con il piede giusto.
Meredith passa per viziata e capricciosa, e nessuno gli ha mai chiesto il perché di punto bianco ha
lasciato la sua zona comfort, per lavare gabinetti e vivere in una topaia.
Sia Jack che sua sorella maggiore, si sono soffermati alla superficie, hanno giudicato senza sapere, e questo mi ha fatto davvero rabbia visto che in ogni gesto e parola di Meredith è un grido di aiuto.
Una storia che si evolve gradualmente e che ti permette di gustarti ogni parola, ogni
gesto.
Mantenere fino alla fine il giusto coinvolgimento, non è stato mai così semplice.
Sono arrivata alla fine con un enorme sorriso sulle labbra e stra soddisfatta.
La Grey al momento si è posizionate tra le mie autrici preferiti.
Vi consiglio di leggerlo non ve ne pentirete.

Sullo schermo dei personaggi di cui non mi interessa niente iniziano improvvisamente a strapparsi i vestiti di dosso. Si sono evitati per tutto il film, e la tensione è cresciuta fino a condurli a questa scena sexy. Ci stanno dando veramente dentro: inciampano negli oggetti, sbattono contro le pareti, fanno cadere a terra fotografie incorniciate.
«Non sarebbe buffo, se il sesso fosse davvero così?» ride Meredith. «Tipo se si dovesse correre all’IKEA per sostituire tutte le lampade che si sono rotte e i vasi che sono andati in frantumi, perché si è così eccitati che si è persa del tutto la percezione dello spazio?»
Non riesco a fare a meno di sorridere. «A me è successo davvero una volta.»
«Hai rotto una lampada?»
La fa sembrare una cosa assurda.
«Non ho rotto la struttura, solo la lampadina.»
«Stai scherzando.»
Bevo un sorso di birra, preoccupato per la prossima domanda.
«Come?» mi chiede, stupita.
«Dovevo usare il comodino per… be’…» Mi schiarisco la gola: non c’è modo di continuare senza diventare esplicito. «Per fare leva ho buttato accidentalmente la lampada a terra. La lampadina è andata in mille pezzi, ma hai ragione, non è stato teatrale come questo.»
«Oh.»
Sembra in trance. Io fisso intensamente la TV.
«Quindi tu eri sopra la ragazza.»
Le trema la voce.
«La donna» la correggo. «Sì.»
«E quanta… leva… devi fare di solito?»
Questa domanda, posta con tono innocente, è resa peggiore dal fatto che i personaggi sullo schermo, scena dopo scena, si stanno abbandonando a giravolte ritmiche accompagnate da gemiti e ansiti. Il tempo sembra rallentare fino quasi a fermarsi.
Mi alzo, finisco la birra e appoggio la bottiglia vuota sul tavolino.
Conosco i miei limiti e parlare di sesso, mentre Meredith è seduta al mio fianco e guardo altre persone fare sesso, è perfettamente… be’… merda.
«Comunque, vado un po’ a correre» annuncio, infilandomi le scarpe da ginnastica che avevo lasciato vicino alla porta.
Poi mi volto e me ne vado.
Correre non è una attività a cui mi dedico spesso. Non ne ho bisogno: lavorare al ranch è un allenamento sufficiente di per sé. Ultimamente, però, corro un sacco… di continuo, in effetti. Corro dopo aver intravisto la pancia di Meredith mentre si allunga per prendere un bicchiere dal ripiano più alto del mobiletto. Corro dopo che ha fatto una battuta a pranzo e mi ha sfiorato delicatamente il braccio. Corro dopo che è venuta nel mio ufficio nel pomeriggio a portarmi una tazza di caffè con un muffin appena sfornato. Li appoggia sulla mia scrivania, mi fa l’occhiolino e poi se ne va muovendosi sinuosamente. Corro perché è l’unico modo che ho di scaricarmi senza sentirmi un predatore.
Diavolo, forse a questo punto dovrei allenarmi per l’Ironman di triathlon. Se Meredith dovesse continuare a vivere qui, probabilmente riuscirei a vincere.
Quando trenta minuti dopo torno al casolare, sono sudato e ho l’affanno, ma non sono meno agitato di prima. Merda. I miei meccanismi di coping stanno iniziando a perdere efficacia. Devo essere creativo, magari prendere in considerazione un bagno freddo o…
I miei pensieri si bloccando quando apro la porta e trovo Meredith in soggiorno, che cammina avanti e indietro. Pensavo che ormai fosse andata a dormire. Il film probabilmente è finito pochi minuti dopo che me ne sono andato.
 Si volta di scatto verso di me e si torce le mani.
«Sei ancora qui» dico, decidendo che è la cosa più sicura che mi possa uscire di bocca in questo momento.
Lei viene verso di me, lascia cadere le mani, mi volta la schiena, si sistema la coda di cavallo e poi si gira di nuovo verso di me.
«Okay, stavo pensando…»
Ha gli occhi spalancati per la preoccupazione. Si mordicchia il labbro inferiore con i denti. Non l’ho mai vista così nervosa, nemmeno quando aveva paura di Alfred.
«A cosa?» chiedo, restando assolutamente immobile, la mano appoggiata alla cornice della porta.
«Tu mi trovi attraente, giusto? Come donna?»
Sbatto le palpebre. Sbatto, sbatto, sbatto.
È un tranello? Una trappola?
Sono il suo datore di lavoro, il suo confidente.
«Uhm… certo?»
Aggrotta la fronte e tra le sue sopracciglia si forma un solco profondo. «Le donne di solito sperano in un po’ più di entusiasmo.»
«Anche tu?» Meno parli, meglio è, penso. Uso solo un’altra parola. «Speravi?»
«Be’, sì, perché io ti trovo…,» agita la mano su e giù lungo il mio corpo e si schiarisce la gola, «molto attraente.»
«Uh-hu.»
«E siamo entrambi liberi.»
«Ne sono consapevole.»
«E penso che dovremmo baciarci.»
Gulp.
«E rompere delle lampade.»
Il suo eufemismo mi fa sorridere, ma poi la realtà mi raggiunge. «Credimi, vorrei rompere migliaia di lampade con te, ma sei appena uscita da una brutta relazione.»
«Vero. Anche tu.»
«Non voglio approfittarmi di te.»
«Nobile, ma non necessario.»
«E poi, lavori per me.»
«Vero, ma irrilevante.»
«Potrebbe rendere la nostra relazione molto complicata.»
«Sicuramente, ma vale la pena di rischiare.»
«E… be’…»
Sono al capolinea. Ho finito tutte le scuse. Avrebbe dovuto essere d’accordo con me su almeno un’obiezione e chiudere la conversazione. Avrebbe dovuto annuire e dire: Oh, sai cosa? Non ci avevo pensato. Bene, ci vediamo! Poi ci saremmo dati la mano e sarebbe uscita da casa mia.
Invece, mi guarda con quei grandi occhi azzurri pieni di speranza e mi potrebbe benissimo chiedere: Troviamo la lampada più grande e più fragile del Texas.
«Cazzo.» Mi volto, spalanco la porta ed esco.......




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