mercoledì 29 luglio 2020

LA FINE DI OGNI BRAVA RAGAZZA (1.GOOD GIRLS SERIES) DI HOLLY RENEE

GOOD GIRLS SERIES
1. LA FINE DI OGNI BRAVA RAGAZZA, 13 giugno 2020
2. Where bad girls go to fall
3. Where bad boy are ruined
AUTORE: Holly Renee
SERIE: 1# Good Girls Series
EDITORE: Triskell Edizioni
PUBBLICAZIONE: 13 giugno 2020
GENERE: Contemporary, Romance

Era stata una pessima idea fin dall’inizio. 
Lui era il migliore amico di mio fratello, perciò INAVVICINABILE per definizione.
Ma io me ne sono fregata. Perché sono innamorata di lui da che ho dei ricordi.
Mi sono detta che valeva il rischio. Valeva tutto per lui.
E ho finito per bruciarmi…
Tanto facilmente come io mi ero innamorata, lui mi ha spezzato il cuore.
Fino all’ultimo ho sperato che mi salvasse, che mi porgesse una mano, e invece mi ha lasciata cadere.
Così non mi è rimasto che correre. Scappare. Mettere una grande distanza tra noi.
E sono passati quattro anni, e mai più mi sarei aspettata di rivederlo.
Era sempre il migliore amico di mio fratello, ed era più off-limits che mai.
Tatuaggi e sorrisetto storto, aveva ancora quell’aria da cattivo ragazzo che mi aveva fatto perdere la testa.
Perciò dovevo stare attenta. Molto attenta.
Perché Parker James era la fine di ogni brava ragazza.

Ma, purtroppo per lui, io non ero più una brava ragazza.

Come ben sapete prima di iniziare qualsiasi lettura, tendo a leggere i giudizi di altre lettrici, non lo faccio perché se leggo critiche negative lo evito, ma lo faccio per trovarmi preparata a qualsiasi evenienza.
Perché ho voluto iniziare con tutta questa manfrina, perché leggendo i vari commenti riguardante questo romanzo, diciamo che i presupposti non erano proprio buoni.
ATTENZIONE!!! Non sto assolutamente criticando i commenti di altri, ma dai giudizi, in poche parole, è emerso che il romanzo è banale, molto immaturo, termine più usato: infantile.
Quindi con queste basi, capirete perché ero prevenuta nei suoi confronti.
Leggendolo però mi trovo in disaccordo con i giudizi negativi, RIPETO NON STO GIUDICANDO IL PARERE ALTRUI, però a me non è dispiaciuto affatto.
Senza ombra di dubbio l’autrice ha ancora molto da imparare.
La trama è stata molto semplice e non posso dire di non aver trovate dei buchi.
Esempio:
Livy, dopo la rottura dolorosa con Parker, decide di rifarsi una nuova vita in un’altra città.
Dopo il collage decide di lavorare come spogliarellista, ATTENZIONE!!!, non sto criticando il lavoro da spogliarellista, ma l’autrice non spiega la motivazione di questa sua scelta, e non è di certo per soldi.
Non c’è stato spazio ai chiarimenti dei protagonisti.
Dopo anni di sofferenze a causa di malintesi, la Renee, non ha voluto dedicare un momento dove i protagonisti mettono la parola fine al passato.
Queste mancanze però, non sono così incisive per dargli un voto negativo, ma sono state piccoli vuoti.
Le scene hot sono state molto contenute, e questo è a suo favore.
Attimi passionali e mai volgari, il sesso non è stato pilastro principale del romanzo.
Ha creato una trama con molti dialoghi e con molto contenuto, alternandolo tra passato e presente e raccontandolo dai punti di vista di entrambi i protagonisti, la passione, il sesso, è stato solo un tocco in più per abbellimento. 
Finale ovviamente scontato, carino ma un cliché.
Ho letto romanzi peggiori, e quando vedo del potenziale è giusto apprezzarlo.
Come dicevo, la Renee ha ancora molto da migliorare.
Mi ha fatto ridere un commento di @CleoMirta: “E' possibile che questa benedetta gioventù non abbia la possibilità di vivere i vent'anni come un'avventura. Solo drammi e incomprensioni...” E devo dargli pienamente ragione.
Detto questo vi auguro una buona lettura.
Quasi tutti gli uomini indossavano completi ordinati e perfettamente stirati che gli calzavano a pennello. Dalle loro labbra pendevano lunghi sigari e in mano reggevano bicchieri pieni del veleno che si erano scelti.
Mi posizionai di nuovo di fronte al palo e mi abbassai di colpo, la schiena contro il metallo freddo, le cosce divaricate, il mio corpo in mostra. Sentii qualcuno trattenere il fiato bruscamente, e capii che stavo facendo un buon lavoro. Vedevo il desiderio negli occhi degli uomini che mi circondavano.
Ruotai i fianchi nella risalita, ma persi l’equilibrio quando incontrai un paio di occhi verdi che mi fissavano dal centro della sala. Era l’inconfondibile sguardo della lussuria.
Sbattei le palpebre, le mie lunghe ciglia strisciarono contro la mascherina, e continuai a ballare. Di nuovo in piedi, curvai i fianchi e mi accarezzai una gamba. Muovevo il bacino a ritmo di musica, ma il mio cuore batteva molto più in fretta. Quell’uomo mi sembrava familiare, troppo familiare, anche se non riuscivo a vederlo bene da dove mi trovavo. Ma quando spostai lo sguardo di nuovo sul pubblico, non riuscii a staccargli gli occhi di dosso.
Aveva l’aria pericolosa. Era come un brutto vizio. Sapevo che non avrei dovuto desiderarlo, eppure sentii comunque di esserne attratta.
Non c’era quasi un centimetro della sua pelle che non fosse ricoperto di tatuaggi. Non riuscivo a distinguerli con le luci soffuse, ma notai la sua mano tatuata stretta attorno a un bicchiere di cristallo, ogni nocca marchiata da inchiostro color ebano.
Il suo sguardo era posato su di me. Osservava ogni movimento dei miei fianchi. Registrava ogni mia mossa come un cacciatore pronto a colpire la preda.
Il mio corpo conosceva la musica e si muoveva quasi in automatico. Ruotavo il bacino, mi accarezzavo, e gli uomini di fronte a me si bevevano la scena come se fosse il loro ultimo pasto.
Ma io avevo bisogno di avvicinarmi a lui.
Ero sopraffatta dall’urgenza di capire dove l’avevo già visto. Scesi dal palco, ma non andai subito nella sua direzione. Al contrario, mi mossi con tutta calma, studiando ogni uomo con attenzione mentre mi incamminavo verso il suo posto. Ma lo guardavo. Scrutavo le ombre che gli oscuravano il volto in cerca di qualche indizio sulla sua identità.
Solo quando raggiunsi l’uomo che gli sedeva accanto riuscii a dargli un’occhiata come si deve. Non appena incontrai quei penetranti occhi verdi, capii perché mi sembravano così familiari. Erano gli stessi occhi che avevano popolato i miei incubi durante gli ultimi quattro anni.
Parker James, cazzo.
Dal modo in cui mi fissava, anche a lui sembrava di conoscermi, ma non aveva ancora capito chi ero. L’ultima volta che l’avevo visto ero solo una ragazzina. Il mio corpo era diverso. I miei capelli erano diversi. Diamine, ero una persona del tutto diversa.
Non ero più la ragazza dai capelli castano chiaro e dalle gambe lunghe e sgraziate. Finalmente avevo accettato il mio corpo, e non me ne vergognavo più. Non possedevo più quel tocco esitante che lo pregava di insegnarmi come fare. I miei movimenti erano calcolati e decisi.
Mi incurvai a ritmo di musica e gli sfiorai le ginocchia con le mie. Mi sentii bruciare a quel leggero contatto. Le fiamme mi risalirono lungo le gambe e accesero il fuoco in tutto il mio corpo.
Le mie dita corsero alle sue cosce fasciate dai pantaloni, e le divaricai dolcemente. Premetti il corpo contro il suo, spinta dall'abitudine, e mi avvolse la forte essenza speziata del suo profumo. Mi ricordava il Parker che conoscevo, ma adesso aveva un odore anche migliore. Sapeva di uomo.
Abbassò le mani sui braccioli della poltrona, e notai le dita tatuate che si chiudevano a pugno. Gli buttai i capelli sul petto e gli detti le spalle. Gli sedevo praticamente in grembo, e tirai un sospiro tremante per quella tregua momentanea dal dovergli mostrare il mio viso.
Sentii la sua eccitazione premere contro il mio culo, e quella piccola constatazione mi esaltò. Era sempre stato Parker ad avere il controllo. Era sempre stato lui quello potente, ma non quella sera.
Premetti la schiena contro il suo petto e il mio sedere affondò ancora di più su di lui mentre mi curvavo a ritmo di musica. Merda. Era una sensazione meravigliosa.
Sentii il suo petto alzarsi e abbassarsi e il suo respiro affannoso contro il collo. Mi rammentò di quando quattro anni prima mi ero concessa a lui, quando l’avevo letteralmente pregato di fare l’amore. Serrai gli occhi al ricordo. Non pensarci, Liv. Tieni a freno la mente.
Mi piegai in avanti, inarcando la schiena mentre continuavo a muovermi contro di lui. Mi passò la mano lungo la spina dorsale, e un brivido sulla mia pelle seguì le sue dita centimetro dopo centimetro.
«Non si tocca,» sussurrai come avrei fatto con qualunque altro cliente.
La sua mano si serrò attorno alla mia carne prima di ricadere al suo posto. «Togliti quella roba,» ordinò con la sua voce roca e profonda, a malapena udibile sopra la musica.
Mi portai le mani tremanti alla schiena e afferrai il gancetto del reggiseno. Potevo farcela. Mostrarmi debole di fronte a lui era fuori discussione.
Le mie dita premettero la stoffa sulla pelle, ma prima che potessi sbloccare la chiusura, Parker mise una mano sulla mia.
Mi avvicinò le labbra all’orecchio, e mi sembrò di morire quando sentii il suo respiro caldo contro il lobo. «Intendevo la maschera. Chi sei?»
Il mio corpo fu scosso dai brividi a quella domanda. Non ero nessuno. Non per lui. Non più. Così, invece di rispondergli, roteai i fianchi un’ultima volta e passai al cliente successivo.
Mi stava ancora fissando e Dio, quanto avrei voluto riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Mi muovevo come un automa, eseguivo la coreografia senza pensarci. Ma il tocco di una mano sul nastro della mia mascherina mi fece andare nel panico, e guardai il viso dell’uomo che mi stava di fronte mentre la maschera cadeva a terra.
La vergogna prevalse su tutto il resto mentre lo udii pronunciare il mio nome. «Livy?»
Sentii il pubblico attorno a noi trattenere il fiato, ma non osai distogliere lo sguardo da quello di mio fratello.
«Mason.»
Un bicchiere si infranse al suolo accanto a me, ma rimasi immobile. Non potevo più sopportare di guardare Parker. Non senza la mia maschera. Era troppo potente, e io dovevo proteggermi.
«Ma che cazzo ti passa per la testa?» gridò Mason afferrandomi il braccio. Mi tirò in piedi, e solo in quel momento mi resi conto di quanto fossi nuda di fronte a mio fratello. Mi coprii il seno con le braccia, ma questo sembrò adirarlo ancora di più.
«È per questo che sei troppo impegnata per tornare a casa? Sono questi i frenetici impegni del tuo nuovo lavoro? Mi hai detto un sacco di cazzate.» I suoi occhi divennero neri come la notte mentre la rabbia gli montava dentro. Mi piantò le dita nella pelle e mi accorsi del buttafuori che si dirigeva verso di noi. «Mason, mi fai male,» dissi con un filo di voce.
Allentò immediatamente la presa, ma continuò a tenermi vicino a lui.
Il buttafuori, Hank, cercò di afferrarmi, ma Parker gli si mise di fronte.
«Si sposti,» disse Hank minaccioso. «Devo portarla fuori di qui.» Mi indicò con un cenno.
«Dovrai passare sul mio cadavere.» Il suono della voce di Parker risvegliò qualcosa dentro di me, e dovetti ripetermi che era lo stesso ragazzo che mi aveva spezzato il cuore.
«Va tutto bene, Hank.»
Parker raddrizzò il busto e mio fratello mi tirò ancora di più a sé, facendomi scudo col proprio corpo.
«È mio fratello.» Indicai Mason, e notai lo sguardo stupefatto di Hank.
«Devo avvisare Mark.» Fece qualche passo verso la porta, ma lo fermai.
«Dammi solo cinque minuti. Sistemo tutto io, promesso.»
Sembrò esitare, spostando lo sguardo da me a mio fratello, ma alla fine si arrese. «Torno fra cinque minuti.»
Annuii, e Hank uscì dalla stanza.
«Perché siete qui?» Ritrassi il braccio dalla presa di mio fratello e guardai la distesa di sguardi di accusa mista a desiderio che mi circondava. «Perché siamo qui?» Mi schernì Parker passandosi le mani tatuate fra i capelli, perfettamente in ordine fino a un attimo prima.
«Mi prendi in giro, Livy? E tu perché sei qui?» La voce di mio fratello era tremante di rabbia.
Avevo il nome di Parker sulla punta della lingua, ma sapevo che non era giusto. Non potevo addossargli la colpa delle mie scelte.
«È il mio lavoro, Mason. Perché non mi hai detto che eri ad Atlanta?»
«E quando?» Alzò le mani in un gesto di frustrazione. «Intendi tutte le volte che ti chiamo e non rispondi? Ti ho chiamata anche oggi.»
Non sapevo cosa dire perché aveva ragione. Odiavo l’idea di mentirgli, perciò cercavo di sentirlo il meno possibile.
«Dovete andarvene tutti.» Lanciai un’occhiata alla porta per assicurarmi che Hank non stesse tornando. Non volevo scenate. Non potevo permettermi di perdere il lavoro.
«Non ce ne andiamo senza di te.» Non furono le parole a lasciarmi di sasso, ma la persona che le aveva pronunciate.
«La cosa non ti riguarda, Parker.» Alzai lo sguardo verso di lui. Nonostante avessi i tacchi era comunque una quindicina di centimetri più alto di me, e i suoi occhi verdi fiammeggiavano.
«Ha ragione lui,» ringhiò Mason. «Tu torni a casa con noi.»
Osservai la sala piena dei suoi amici che ci fissavano cercando di non farsi notare. Non ne riconobbi nessuno, e fui colpita da quanto mi fossi allontanata da mio fratello. Non sapevo quasi più niente di lui.
Tornare a casa con lui non era certo un problema. Solo che non volevo soffrire ancora. Parker mi aveva praticamente distrutta già una volta, e stargli vicina mi faceva provare un dolore sordo al petto. Non potevo rischiare di perdere di nuovo me stessa per colpa sua, ma non potevo dire questo a mio fratello. Non ero stata altro che il segretuccio di Parker, e a mio fratello sarebbe venuto un colpo se avesse saputo cos’era successo. Se avesse saputo che era Parker il motivo per cui ero scappata.
Così, invece di dirgli tutto questo, mi costrinsi a sorridere e cercai di evitare l’argomento.
«Allora, chi è che si sposa?» Mi guardai attorno nella sala. Alcuni ragazzi erano ricoperti di tatuaggi come Parker, mentre altri avevano l’aspetto curato come mio fratello.
Solo quando riportai lo sguardo su quelli che erano stati gli uomini più importanti della mia vita mi resi conto di quanto fossi fottuta. Bastò la parola che uscì dalle labbra di Parker.
«Io.»


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