giovedì 16 aprile 2020

HOT WEDDING (2.HOT STUFF) DI AVA LOHAN

HOT STUFF
1.HOT STUFF, 20 gennaio 2019...(Recensione)
2.HOT WEDDING, 12 gennaio  2020


AUTORE: Ava Lohan
EDITORE: Self- Publishing
GENERE: Sport, Romance


Mi chiamo Samara Stone. 
E tra poche ore diventerò la moglie della stella del basket. 
Perché Malcolm Hill è il mio temporale e ora sta per diventare anche mio marito. 
Malcolm e io stiamo per sposarci. 
O almeno dovremmo. 
La verità è che non sono tanto sicura che Malcolm si presenterà al nostro matrimonio. 
E non perché lui è Hot Stuff e continua ad avere i riflettori puntati addosso e orde di fan che vorrebbero farselo, ma a causa mia. 
Perché, a poche ore dal nostro matrimonio, ho combinato un gran casino.

Finalmente sto iniziando a recuperare un po' di serie in sospese, e oggi ritorno parlandovi di Samara e Malcom, protagonisti di “HOT STUFF”.

Continuo a ritenere che l’ingrediente magico di questa serie è Malcom, un metro e novanta di pura sensualità, arroganza e stronzaggine, e il fatto che questo suo tratto distintivo non sia mai cambiato, è un punto a suo favore.
Purtroppo, non mi è piaciuto per niente la protagonista, Samara, che è stata completamente banale e insignificante.
Soprattutto in questo secondo capitolo, dove la sua immaturità ha preso il sopravvento, è stata completamente sminuita dal protagonista maschile.
Inoltre, ok la passione, ma a tutto c’è un limite.
Non capisco perché l’autrice ha voluto concentrarsi principalmente al sesso, dedicandogli pagine intere, e trascurando invece la trama.
C’erano momenti in cui i protagonisti avevano bisogno di parlare, confrontarsi, invece si scambiavano una sola parola e passavano a fare sesso, come se questo fosse la soluzione di tutti i problemi, no non ci siamo.
Mi aspettavo qualcosa di meglio è meno mediocre.
Anche il modo con cui ha voluto concludere il romanzo, non mi ha soddisfatto.
Un finale con un grosso punto di domanda.
Attendiamo e vediamo, al momento mi viene in mente solo una parola, NO.

"-Faccio un salto all’indietro e strillo terrorizzata. «Mi hai spaventata, che cavolo ci fai qui fuori?» gracchio con un’espressione che sicuramente grida “panico allo stato puro”.

 Lui non fa una piega e non dice una dannata sillaba. Se ne sta a braccia conserte sul suo abito elegante che lo rende più pazzesco che mai a godersi il mio disagio mentre aspetta che metta piede fuori.

Lo faccio, perché non ho scelta, con le dannate gambe che tremano quanto il resto di me e ringrazio mentalmente di indossare un vestito lungo privo di tacchi vertiginosi o sarei già cascata a terra camminando verso di lui. Lo zaino sembra pieno di cemento, tanto pesa ciò che contiene. «Adesso dobbiamo andare» rimarco l’ovvio. E, siccome fatico a sostenere l’intensità del suo sguardo spettacolare, scocco un’occhiata alla parete alle sue spalle. Dove una bella donna dai capelli castani sorride in una foto appesa al muro. «Lei potrebbe arrivare da un momento all’altro.» Sono tesa mentre lo affermo, perché potrebbe accadere davvero. Non lo dico soltanto perché voglio distrarlo da me, anche se mi riesce. Malcolm rivolge lo sguardo al muro, soltanto un secondo. Il tempo di capire di che accidenti parlo, per poi inchiodarmi nuovamente. E stavolta non soltanto con i suoi occhi ipnotici. Mi afferra per un braccio e mi attira a sé con una presa energica, prima che possa avvicinarmi alle scale. Finisco dritta contro il suo petto solido. E non riesco a fare a meno di chiudere gli occhi per un attimo e respirare il suo profumo seducente mentre mi sfiora la treccia. «Potrebbe arrivare» ribadisco con un tono acuto, incapace di staccarmi da lui e di godermi in pieno il nostro contatto.
Malcolm potrebbe rubarmi lo zainetto.
Ecco perché non riesco a rilassarmi.
La sua mano tatuata è ancora tra i miei capelli e i fiorellini bianchi che li adornano, mentre quella con la fede sta sfiorando il pizzo delle mie mezze maniche. Ma per quanto resisterà alla tentazione di sfilarmi lo zaino per controllarne l’interno?
 Deglutisco. Lui ride di gusto. Una risata sensuale che amo, e che nonostante il nervosismo mi arriva dritta alle mutandine. «Questa cosa ti terrorizza un sacco, a quanto pare» mi sfotte, guadagnandosi un’occhiataccia. «Hai paura che qualcuno possa beccarti, Sam?» È la sua espressione di colpo seria a mettermi la pelle d’oca. Perché non sono per niente certa che Malcolm si riferisca alla donna della foto. Potrebbe avercela benissimo con la mia fifa che sbirci nel mio zaino. Fa un sorriso scaltro che rafforza questa mia convinzione e fingo di pensare che lui si rivolga esclusivamente alla casa. «A te non preoccupa nemmeno un po’ l’idea di finire in manette per violazione di proprietà privata?» «Non accadrà, rilassati, ragazzina» ribatte sicuro. «Questa casa è del mio coach, e quella donna è la sua ex moglie. Si è trasferita a Cleveland da prima del loro divorzio» mi rivela lo stronzo che fino a pochi istanti fa mi ha fatto credere avessimo occupato una casa abitata. Mi stacco da lui e lo fisso come se volessi farlo fuori mentre mi regala una delle sue smorfie da perderci la testa. «Coach Kramer stava più con i Thunderstorms che con lei e questo ha mandato all’aria il suo matrimonio.
 Quando si sono separati è venuto qui poche volte, ha sempre preferito rimanere in città per seguire costantemente la squadra. Però ci ha mandato me in un paio di occasioni» continua a dire sorprendendomi. «Dopo alcune delle mie cazzate, sai» mi spiega, apparendo improvvisamente nervoso, «un mese circa di reclusione quando non c’erano trasferte per provare a tenermi lontano dalle mie abitudini che non approvava. Non c’è riuscito mai davvero, fino a che non mi ha spedito a Providence. Non era facile resistere alle pressioni del gioco, delle partite e dei media senza combinare puttanate. Non lo è mai» ammette attirandomi di nuovo a sé. «Ma con te è tutto migliore. Tu mi rendi migliore. Sei la sola droga che voglio assumere e l’unica cazzata che voglio fare per il resto della mia vita.»
Okay. Potrei dire tante cose. Come che non sono tanto convinta che definirmi “una cazzata” equivalga a un vero complimento oppure potrei insultarlo per avermi fatta vivere nel terrore fin dal nostro ingresso qui dentro, potrei persino tirargli un calcio per aver architettato tutto dal principio, quando aveva già un piano sulla destinazione della nostra fuga romantica, o magari ancora esultare perché mi ha detto che lo rendo migliore, ma tutto ciò che faccio è stringerlo forte e allacciare le braccia attorno al suo collo e baciare ogni parte della sua pelle che le mie labbra riescono a raggiungere. Forse andare a Providence non è stata solamente la decisione migliore della mia vita, ma anche quella che il suo allenatore ha preso per lui. «Ti amo.»
Mi aspetto che Malcolm mi dica la stessa cosa.
Conto i secondi in attesa che lo faccia.
Invece mi prende il viso tra le mani per fissarmi con un’intensità tale che il mio cuore fa una capriola. «Se hai in mente di fare qualche cazzata che non so io voglio saperlo.» Suona come un avvertimento e mi dà i brividi."-"




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